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mercoledì 29 febbraio 2012

NOSTRO COMUNICATO: DISTRETTO DI CASALECCHIO DI RENO, DOVE VANNO I SERVIZI EDUCATIVI?

«Ho inventato l’acqua in polvere, ma non so in cosa scioglierla». (Lenny Bruce)



Distretto di Casalecchio di Reno: dove vanno i servizi educativi?



Video meliora proboque, deteriora sequor.

(Vedo le cose migliori e le lodo, seguo le peggiori).



Tutti ricordiamo ancora, erano i primi mesi del 2011, l’avvio della lotta che gli educatori e le educatrici del Distretto di Casalecchio di Reno hanno promosso per bloccare i tagli annunciati dall'Azienda Consortile AscInsieme (ASC).
Una vertenza complessa, conclusasi con una sostanziale vittoria e il ritiro di gran parte di quei provvedimenti.
Una mobilitazione sostenuta e accompagnata  dai genitori dell'utenza, dai sindacati e da ampia parte della cittadinanza del Distretto. Anche alcune forze politiche del territorio sentirono la necessità di solidarizzare con le ragioni della protesta. 
In vista della scadenza dell'appalto, prevista inizialmente per dicembre, prorogata poi a giugno 2012, il Distretto e ASC hanno attivato un percorso, Come costruiamo il futuro del welfare nel Distretto di Casalecchio di Reno, volto a creare una  modalità concertata di riprogettazione dei servizi, coinvolgendo cittadinanza, scuole, utenza, terzo settore e sindacati.
L'assioma su cui si basano questi “Future Lab's” è la necessità di coinvolgere le soggettività legate ai servizi nella rimodulazione/ridefinizione degli interventi sui disabili, anziani, famiglie, adulti in difficoltà e disagio minorile.
A prescindere dal risultato, questa modalità “includente” presenta il vantaggio di “ascoltare” tutte le parti e determinare una modalità decisionale apparentemente non autoritaria e direttiva.
Il timore, alquanto fondato viste anche le recenti querelle sorte intorno alla questione recupero ore perse causa neve, è però quello che la vera discussione sulla riprogettazione non venga fatta in quella sede ma piuttosto in quella di approvazione dei bilanci delle Amministrazioni Locali. 

Non vorremmo dunque che il percorso Come costruiamo il futuro del welfare nel Distretto di Casalecchio di Reno, diventasse semplicemente un luogo di discussione utile a esibire un’immagine di condivisione e orizzontalità, mentre le reali risorse a disposizione dei Future Lab’s per determinare le facoltà di indirizzo sono veramente limitatissime (e forse già individuate).
Se è vero (come è vero) che sono cambiati i bisogni della comunità, allora si deve anche ammettere che questo modello di welfare fatica a soddisfare i bisogni dei cittadini, semplicemente perché è aumentato il numero di cittadini/famiglie poveri/e. Senza maggiori investimenti di know-how, di tempo educativo dedicato alla relazione con le persone svantaggiate o in stato di indigenza, non possiamo certo pensare di poter migliorare il benessere complessivo di una comunità.
Al contrario, rischiamo di creare un welfare basato sul pressapochismo della buona volontà dei singoli con un carico di lavoro insostenibile per le assistenti sociali e le figure educative collocate nei punti di giuntura tra i vari soggetti del territorio.
Suvvia, oggi nessuno può sostenere con una qualche argomentazione seria che il benessere di una comunità si migliora attraverso la riduzione dei servizi alla persona.

Pensiamo al disagio minorile.

Da più parti avanza l’ipotesi salvifica di fare ampio ricorso all’associazionismo e al volontariato, soprattutto attraverso la proliferazione di spazi di doposcuola (Bologna insegna) con un appeal notevole sulla cittadinanza, ma incapaci per loro natura di sostituirsi ai progetti educativi che ambiscono a lavorare sul minore nella sua complessità, per garantirgli gli strumenti necessari per sottrarsi ad una vita di privazioni sociali e culturali. Per tenerlo aggrappato al suo territorio, per evitargli un percorso di istituto, comunità o carcere minorile che sia, costoso per i Servizi e penalizzante per lui. Per scongiurare il proliferarsi di potenziali attori di un conflitto sociale che potrebbe un giorno rivelarsi ingovernabile.
Noi educatori delle cooperative sociali siamo consapevoli di avere un costo superiore ai lavoratori dell’associazionismo e del volontariato, ma sappiamo anche che solo il nostro lavoro può arginare l’invasione di fenomeni di devianza e di conflittualità sociale legati al disagio attuale che soffre il mondo giovanile.
Se si parla di un utilizzo sempre maggiore del volontariato nei servizi, parallelamente non si può non parlare di restrizione dei servizi di competenza degli educatori e delle assistenti domiciliari.
Non è certo qui in discussione la nobiltà o l’utilità del volontariato nel mondo contemporaneo. Molti di noi, in forma privata e non esibita, fanno attività di volontariato altrove.
Ma il volontariato non può che essere la prestazione volontaria (non retribuita) di un cittadino.
Non può trasformarsi in una presenza strutturata e permanente all'interno dei servizi.
Altrimenti, possiamo dire fin da ora addio ad un servizio di qualità, quello che si pone come obiettivo la progettualità permanente per modificarsi in base alle trasformazioni dei bisogni sociali e culturali del nostro tempo, quello che si offre come riferimento a chi ha bisogno di riferimenti, come cura, aiuto, sostegno, nell’accezione più nobile che siamo usi dare a queste parole.



“L’educazione non esiste, ma esistono gli educatori. In carne ed ossa: ed è il loro lavoro che può costruire, allora, un ambito di ricerca scientifica e cioè ciò che fanno, dicono, promettono, disciplinano. I gesti, le parole, gli esempi, le regole, creano ciò che chiamiamo educazione: e da questi fatti occorrerebbe partire per parlare di scienza”.

(Duccio Demetrio, pedagogista)






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