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mercoledì 13 marzo 2013

RIPRENDIAMO ARTICOLO DA REPUBBLICA.IT:

Verso il referendum a nervi tesi.
Merola: "Delirio, ci costa troppo"


Il sindaco rompe il silenzio sulla consultazione e incassa il plauso del Pdl. Sel s'infuria e chiede rispetto per i cittadini. Si divide anche la Cgil

DI SILVIA BIGNAMI e BEPPE PERSICHELLA


Il referendum contro il finanziamento delle materne cattoliche manda in crisi il centrosinistra. Gli alleati Pd e Sel litigano, la Cgil si spacca. Il Pdl su questo punto appoggia la giunta che difende il sistema in convenzione con le paritarie, adottato dal ’94. Il sindaco Virginio Merola, definisce «un delirio» spendere 500mila euro per una consultazione che ruota attorno al milione di euro per le scuole paritarie. Si arrabbiano i vendoliani, che dopo una giornata di bordate sbottano e firmano una nota contro Merola, Pd e Camera del Lavoro. Con chiosa del consigliere Sel Lorenzo Cipriani su Facebook: «Aveva ragione Cofferati a parlare di una città consociativa».

Una guerra aperta sulla quale si rischia lo strappo a sinistra. Con la battaglia lanciata dall’associazione Articolo 33 per bloccare il finanziamento alle private che garantisce un posto a 1700 bambini “convenzionati”. Di questo si preoccupa il sindaco Merola, che ribadisce la parola d’ordine della giunta: «Non uno di meno». E aggiunge: «La mia posizione è nota ed è bene tutti i cittadini sappiano, che siano informati. Noi ci occupiamo di tutti i bambini, che vadano alle comunali, alle statali o alle private. E lavoriamo prima di tutto sulle liste d’attesa». Parole che segnano e rafforzano l’asse Pd-Pdl sul tema dei fondi alle materne. Unica ad esultare alle parole del sindaco è la berlusconiana Valentina Castaldini, che rilancia con una proposta provocazione: «Facciamo il referendum negli uffici comunali, invece che nelle scuole. Sarebbe folle chiuderle ancora, le penalizzeremmo ulteriormente. Già questa consultazione ci costa 500mila euro, la metà di quanto ci costa il finanziamento contestato...».

Il rischio che la difesa delle scuole paritarie avvicini “troppo” il Pd al Pdl è tuttavia proprio alla base delle timidezze dei Democratici. Per questo via Rivani prova a non prendere troppo “di punta” il referendum, sostenuto dagli alleati di Sel e dal Movimento 5 Stelle. Partito il tour nei quartieri dell’assessore alla scuola Marilena Pillati, ieri sera anche il segretario Pd Raffaele Donini ha annunciato l’avvio di stati generali Democratici sulla scuola, ad aprile, per informare i cittadini sulle conseguenze dello stop ai fondi alle private, e ha lanciato una petizione per chiedere più sezioni statali (oggi ferme al 17%) sotto le Torri. A mediare interviene pure il capogruppo Pd in Regione Marco Monari: «Chi decide è il sindaco. Lui è stato votato ed eletto col suo programma, che prevedeva un sistema integrato pubblicoprivato — spiega Monari —. Quindi invece che dividerci tra Coppi e Bartali, proviamo a guardare oltre la punta dell’iceberg della legittima proposta di Articolo 33». Come dire: a prescindere dal risultato della consultazione, deciderà il Merola.

Si spacca, sul tema del referendum, anche la Camera del Lavoro. «Non prendiamo posizione. Il referendum è un importante strumento democratico ma non è sufficiente a risolvere una questione così seria» ha detto ieri il segretario Danilo Gruppi. Nessuna indicazione di voto quindi da parte della Cgil, anche se pezzi significativi della Camera del Lavoro sostengono già apertamente il referendum, dalla Fiom all’area programmatica “La Cgil che vogliamo”. Gruppi sdrammatizza — «anche noi siamo attraversati da opinioni diverse e articolate» — ma boccia l’eccesso di contrapposizione ideologica: «Non serve l’ennesima guerra di religione. Il vero scandalo sono le poche sezioni statali presenti a Bologna, ma la città, invece che indignarsi, mette in scena il solito teatrino».

Tutte “timidezze” che ieri sera hanno convinto i vendoliani a un duro comunicato che prende di mira tutti e che chiede «maggiore rispetto per lo statuto comunale e per l'istituto del referendum. Aprire poi nuovamente il dibattito sui costi connessi alla partecipazione democratica dei cittadini sarebbe anacronistico. Sottovalutare la consultazione sarebbe non una perdita di soldi, ma di idee».

(13 marzo 2013)

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