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giovedì 18 febbraio 2016

LEGGE 2656 IORI: UNA STRADA PER GLI EDUCATORI SENZA TITOLO.

Gli ultimi aggiornamenti alla proposta di legge Iori 2656, insieme a elementi inaspettati e positivi, come la convergenza del curriculum di scienze della formazione e quella di medicina e chirurgia verso un’unica figura professionale, riportano anche alcune scelte fatte rispetto alle norme transitorie. Tali norme prevedono l’attivazione di un corso universitario di almeno un anno, a frequenza diretta o formazione a distanza, a cui potranno accedere o gli educatori inquadrati in ruoli di amministrazione pubblica, o operatori avente almeno 3 anni di attività educativa, anche non continuativa. La certificazione del possesso di tali requisiti sarà dimostrata da una dichiarazione del datore di lavoro o da un’autocertificazione dell’interessato. Alla fine di tale percorso facoltativo, coloro che lo porteranno a termine acquisiranno la qualifica di educatore professionale. Quindi, si presuppone leggendo il resto della proposta di legge, saranno inquadrati nel livello D2 del contratto collettivo nazionale delle cooperative sociali e potranno partecipare a concorsi pubblici richiedenti la qualifica di educatore professionale. Certo questa è una strada, è possibile riconoscere in essa un diretto rispetto della legge 42/99 (art.4, comma 2). Certamente crea soddisfazione l’essere riusciti, con delle pressioni in varie sedi istituzionali e non, a portare all’attenzione nazionale la questione spinosa di decine di migliaia di educatori non riconosciuti nella loro professionalità. L’apertura di un percorso dedicato unicamente a questi ultimi è senza dubbio un passo molto importante e decisivo.
Inizialmente gli Educatori Uniti contro i tagli e la Rete Nazionale ReNOS avevano presentato una proposta diversa. Si trattava di un percorso di transizione studiato per garantire una sostenibilità totale ad un mondo professionalizzato non riconosciuto ma con lunga esperienza. Una realtà composta in maggior parte da lavoratrici donne, spesso con famiglia e magari figli, percepenti quando va bene uno stipendio di poco più di mille euro al mese. Un riconoscimento definitivo e dovuto, che rendesse conto soltanto del merito, dell’etica professionale e dei bisogni del mondo del lavoro. C’è da dire che tale proposta è stata ascoltata parzialmente. L’eventuale attivazione di un corso universitario suddetto porta gli Educatori Uniti contro i tagli a porre alcune domande, alle quali c’è bisogno di una risposta immediata.
La proposta di un corso, a carattere facoltativo viene detto, apre ad alcuni rischi. Innanzitutto la possibilità di scegliere di frequentare il percorso non scongiura il pericolo che si crei, in maniera ancora più netta, la dicotomia tanto scongiurata tra operatore di serie A e operatore di serie B – ovvero coloro che sceglierebbero di non frequentare il corso, scelta comprensibile nel caso in cui non risulti sostenibile – che farebbe solo male ad un’identità professionale ancora assai fragile. La regolarizzazione, il punto zero deve essere generalizzato ed elemento chiaramente imprescindibile per lo svolgimento della professione. Inoltre un rischio ancora più grave è che l’onere economico ricada sulle spalle del singolo operatore che decida di svolgerlo. Questo sarebbe l’ennesimo accanimento su operatori non riconosciuti e sottopagati e renderebbe valida la scelta di non frequentare il corso, con la relativa esclusione dal mondo del lavoro educativo. Ciò non deve accadere e ci sono modi affinché non avvenga. Esistono fondi a cui potersi rivolgere, europei, regionali, c’è la formazione continua, le cui ore potrebbero riconosciute all’interno di tale percorso e essere utilizzate per coprire parte dell’onere economico.
Ci si augura che la legge Iori non sia l’ennesima legge italiana che fa pagare alla base, ai cittadini, ai lavoratori il prezzo di anni di cattiva gestione, di mancanza di regolamentazione, di illegittimità, di sprechi. Si chiede che non sia l’ennesima manovra fatta sulle spalle, sulla fatica e sul sangue delle persone, caricata su chi, con mille euro al mese, mette in atto sacrifici quotidiani per poter sostenere semplicemente la propria sussistenza. Questi sono elementi che non possono essere considerati secondari, in particolare di chi ha il compito di decidere attraverso quali strada far crescere il paese.
Non bastano discorsi sulla detraibilità, che alleggerirebbe solo molto parzialmente l’onere economico. Chi pagherà questo corso? Se non ci sarà presto una risposta convincente a questa domanda, questa proposta di norme transitoria rischia di non risultare accettabile agli occhi di chi lavora.

Link audio per approfondimento: https://soundcloud.com/radiokairos/signore-e-signori-il-welfare-e-sparito-20160223


Educatori Uniti contro i tagli

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